Florence Nightingale
Florence Nightingale: la signora della lanterna
Alcuni ufficiali, che avevano preso parte alla guerra di Crimea del 1854, si riunirono alla fine della campagna in un allegro banchetto. Ricordi tristi e ricordi di schietto cameratismo affioravano tra una portata e l’altra. Ciascuno aveva un episodio da raccontare, un camerata da esaltare. A un certo punto un colonnello propose: “Quale persona reputereste più degna di passare alla storia per i servizi resi durante questa campagna?”. La proposta piacque e immediatamente furono fatti circolare dei fogli di carta sui quali ogni commensale avrebbe dovuto scrivere il nome che avesse ritenuto degno. Ritirati i fogli e fatto un rapido controllo, si dovette constatare che tutti, indistintamente, avevano scritto un solo nome: Florence Nightingale. Non il nome di un generale, dunque, non il nome di uno dei tanti eroi inglesi, francesi o piemontesi, ma il nome di una donna.
Florence, nome particolare, venne battezzata così in onore della città italiana di Firenze, dove ella nacque il 12 maggio 1820, più precisamente a Villa Colombaia. Per lo stesso particolare motivo londinesi la sorella maggiore, che venne alla luce a Napoli, fu chiamata Pathenope.
Florence Nightingale non nacque nei sobborghi, quotidianamente a contatto con la povertà e i disagi delle malattie che potrebbero averla spinta ad intraprendere la carriera infermieristica per prestare il suo soccorso. Ella nacque in una benestante e ricca famiglia alto-borghese con dedizione alle cure mediche.
Suo padre William Edward Shore, che poi cambiò cognome in Nightingale, infatti, fu uno dei padri dell’epidemiologia.
La famiglia di Nightingale fu anche estremamente ricca, permettendosi molte vacanze all’estero, soggiorni in Italia, una tenuta nel Derbyshire e una residenza nel Buckinghamshire. Florence ebbe un tormentato rapporto con la madre, donna attaccata alle tradizioni e al benessere materiale, che volle impedire ad ogni costo che la figlia intraprendesse una strada così scandalosa, quella di infermiera, che avrebbe inevitabilmente minato la reputazione di tutti.
Ella si oppose in maniera ferrea all’unico ruolo che era consentito donne dell’epoca: quello di moglie e madre. Rifiutò infatti l’insistente corte di Richard Monckton Milnes, sinceramente innamorato di lei e che, dopo la fine del loro rapporto, rimase comunque buon amico e grande sostenitore della sua causa.
Durante l’adolescenza, in molti pensarono che la giovane Florence, la cui Fede era salda e profondissima, si sarebbe consacrata a qualche ordine religioso, scelta che, peraltro, sarebbe stata osteggiata dai genitori, ma a sconvolgerli arrivò la decisione della giovane di volersi dedicare non alla preghiera, ma all’aiuto costante e materiale dei bisognosi, in particolare degli ammalati.
A 25 anni la scelta di diventare infermiera e, pur non avendo una formazione di tipo medico-infermieristico, riconobbe le carenze della professione infermieristica rapportata ai suoi tempi.
Viaggiò in Italia, Egitto, Grecia e Germania dove nell’ospedale di Kaiserwerth soggiornò per un breve periodo, ma sufficiente per apprendere l’elevata qualità delle cure mediche fornite. In seguito al suo ritorno a Londra, nel 1851, intraprese gli studi per diventare infermiera e nel 1853 fu nominata Soprintendente all’Establishment for gentlewomen during illness di Londra.
Nel 1854 scoppiò la Guerra di Crimea, che vedeva Francia, Inghilterra e Turchia contro la Russia. L’allora Ministro della Guerra inglese Sidney Herbert, conoscendo il suo impegno ed il suo valore, chiese quindi a Florence Nightingale di organizzare un gruppo di infermiere volontarie e andare ad occuparsi dei feriti di guerra in Turchia. Florence accettò e partì alla volta della Turchia nel 1854 con 37 volontarie.
Trovò una situazione al limite del concepibile: assoluta assenza di igiene, i feriti stavano in letti senza lenzuola, spesso denutriti, non venivano curati e lasciati per giorni con le loro uniformi sporche di sangue; condizioni che lasciavano ampio spazio a malattie come il tifo, il colera e la dissenteria. Ci vollero la sensibilità, la meticolosità e la determinazione della Nightingale per far fronte a tale drammaticità, riuscendo ad organizzare al meglio le condizioni igieniche dell’ospedale, superando nel contempo l’indifferenza, l’ignoranza e le insidie del contagio.
Il suo lavoro non si limitò, però, alla cura delle ferite; ella si occupò anche di aiutare i feriti a spedire pacchi e lettere a casa, creò una sorta di sala lettura per i degenti, aiutò perfino economicamente i ricoverati.
La sua immagine apparve sulle prime colonne del “Times”: una donna che si aggira con il lume (notoriamente la lampada), dandole così il soprannome “La signora della lampada” in un ricovero di guerra alla ricerca di esseri umani feriti, bisognosi di assistenza che elargiva amorevolmente al suo benefico passaggio.
La storia di Florence Nightingale si aggancia a quella della creazione della Croce Rossa Internazionale, perché il suo fondatore, Henry Dunant, dichiarò di essersi ispirato al servizio di infermiere volontarie organizzato dalla Nightingale durante la Guerra di Crimea per la creazione di questo corpo speciale.
La Croce rossa non è mai stata un organismo soltanto femminile, ma il contributo delle donne all’assistenza di guerra è stato molto importante.
La sua fama in patria crebbe a dismisura, tanto che, al suo ritorno in patria, dopo essersi ammalata di Brucellosi, la Regina Vittoria volle ascoltare da lei la sua esperienza diretta sul campo di battaglia.
Ritiratasi in privato, Florence Nightingale scrisse molte opere sulle condizioni igieniche durante le guerre, sul sistema militare e sanitario indiano, fu la persona che per prima utilizzò un grafico a torta per dimostrare la probabilità di insorgenza delle malattie.
Trascorse gli ultimi anni costretta a letto e quasi cieca, ma ciò non le impedì di accogliere accanto a sé giovani volonterose attirate dalle sue idee innovatrici.
Morì il 13 agosto del 1910, all’età di 90 anni, nella sua abitazione di Londra.
A oltre un secolo dalla scomparsa risuonano ancora le parole che scrisse nella prefazione di Nursing: «Ogni donna, o quasi ogni donna, nel corso della propria vita, prima o poi deve farsi carico della salute di qualcuno. Ogni donna è un’infermiera.»